Mentre sono in elaborazione importantissimi documenti della Ue – il Digital Services Act che regolerà i Big del Web e il Digital Markets Act il regolamento sull’e-commerce e le transazioni commerciali online – dal 12 luglio 2020 con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è entrato in vigore il Regolamento Ue 2019/1150, che norma il commercio online, in particolare il rapporto tra fornitori di prodotti e piattaforme, entrato in vigore il 12 luglio 2020. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=uriserv%3AOJ.L_.2019.186.01.0057.01.ITA&toc=OJ%3AL%3A2019%3A186%3ATOC

Il Regolamento emanato dal Parlamento e dal Consiglio Ue “promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online”. In pratica è destinato ai siti di webmarketing, le piattaforme di vendita online dette marketplace, i social media, i siti di comparazione dei prezzi e i motori di ricerca. Il fine è di promuovere la trasparenza delle transazioni e delle clausole commerciali, permettendo ad esempio agli utenti commerciali (vale a dire i fornitori dei prodotti delle piattaforme di vendita online) di poter inoltrare reclami in maniera rapida ed efficiente.

Il Regolamento 1150 consta di 23 pagine. Le prime 11 raccolgono una serie di considerazioni, quelle a seguire costituiscono il testo del Regolamento vero e proprio. Nella prima parte ad esempio si rileva che “i servizi di intermediazione online possono contribuire a migliorare il benessere dei consumatori e sono sempre più utilizzati nei settori sia privato che pubblico”; che “possono essere cruciali per il successo commerciale delle imprese” ma che i markeplace “spesso hanno un potere contrattuale superiore che consente loro di agire di fatto unilateralmente”. Lo scopo del Regolamento è dunque “di fornire un ecosistema online competitivo, equo e trasparente, in cui le imprese agiscono in modo responsabile”. Si precisa anche che il Regolamento riguarda “fornitori di tali servizi indipendentemente dal fatto che siano stabiliti in uno stato membro o fuori dall’Unione”, posto che i prodotti sono venduti a “consumatori situati nell’Unione almeno per parte della transazione”.

Il Regolamento nella prefazione auspica quindi condizioni contrattuali chiare tra i fornitori dei servizi delle piattaforme e gli utenti commerciali, prevedendo ad esempio che i contratti siano pubblicati nei siti e che l’utente commerciale possa anche sapere come, quando e in che quantità sono stati venduti i suoi prodotti. Si evidenziano infatti tutti i rischi di una scorretta concorrenza commerciale nel caso che il fornitore di prodotti acquisti anche servizi di infrastruttura forniti dalla piattaforma e da qui possa avere facilitazioni nella vendita della sua merce. Ultimati i 52 articoli di preambolo, andiamo dunque al regolamento vero e proprio. Nel primo articolo si precisa che il regolamento “non si applica ai servizi di pagamento online o agli strumenti di pubblicità online né agli scambia pubblicitari online”, quindi sono esenti baratti, scambi e commerci fra privati.

L’art. 2 fornisce le definizioni degli attori che entrano in campo, che sono: utente commerciale, servizi di intermediazione online, fornitore di servizi di intermediazione online, consumatore, motore di ricerca online, utente titolare del sito web aziendale, posizionamento, controllo, termini e condizioni, prodotti e servizi accessori, mediazione, supporto durevole.

All’art. 3, come nel GDPR, si insiste sul fatto che termini e condizioni poste dai fornitori di servizi online devono essere “redatti in un linguaggio semplice e comprensibile” e siano “facilmente reperibili dagli utenti commerciali” anche prima della stipula del contratto. Inoltre l’utente deve poter sciogliere il contratto prima della scadenza.

L’art. 5 aggredisce uno dei temi caldi, quello del “Posizionamento”. A fronte di fenomeni di deregulation, il Regolamento prevede invece che i fornitori di servizi stabiliscano nei termini e nelle condizioni i principali parametri che determinano il posizionamento di un dato prodotto e rendano noti i “loro” parametri. Così nell’art. 7 si precisa che in caso di trattamento differenziato anche queste regole vanno rese note in maniera trasparente.

Una parte piuttosto innovativa è quella relativa ai reclami (art. 11), dove si specifica che “i fornitori di servizi di intermediazione online prevedono un sistema interno di gestione dei reclami degli utenti commerciali” che “deve essere facilmente accessibile e gratuito per gli utenti commerciali e garantisce che i reclami siano gestiti in un lasso di tempo ragionevole”.

Gli articoli seguenti si occupano di eventuali procedimenti giudiziari e quindi si ipotizza un servizio di mediazione che andrebbe normato dalla Commissione con gli stati membri, mobilitando anche le associazioni e le organizzazioni di categoria.

E’ chiaro come il Regolamento nasca dall’urgenza di normare e combattere posizioni dominanti e sopratutto l’abuso di posizione dominante di certi big del web.

Posto che il Regolamento presenta la pecca di non prevedere sanzioni, ecco come tradurlo in regole pratiche per chi gestisce, con stabilimento o sede nella Ue, marketplace, motori di ricerca o siti internet di ecommerce, servizi di delivery, piattaforme di prenotazione dei tavoli nei ristoranti e siti che offrono servizi di business online.

LINGUAGGIO CHIARO E INFORMAZIONI TRASPARENTI

Le informazioni e le condizioni contrattuali devono essere facilmente reperibili nel sito; essere redatte con un linguaggio chiaro; devono avere clausole chiare e se avvengono modifiche al contratto gli utenti commerciali devono essere avvisati 15 giorni prima; devono essere fornite informazioni sui canali di affiliazione o di distribuzione aggiuntivi.

CHIAREZZA SUI CONTRATTI

Nei contratti devono essere chiaramente enunciati: tutti i costi addebitati; i parametri di posizionamento e i servizi offerti; i servizi aggiuntivi offerti dalla piattaforma; il trattamento differenziato per chi usufruisce dei prodotti o servizi aggiuntivi offerti; le condizioni economiche.

OBBLIGO DI SISTEMA INTERNO PER RECLAMI RAPIDI

Bisogna istituire un sistema interno per i reclami. Il sistema deve poter essere attivato rapidamente (ad esempio essere chiaramente identificabile nella homepage del sito), dare risposte rapide; e devono esserci anche informazioni statistiche sul numero di reclami inoltrati da altri utenti commerciali.

Nel sito dovranno essere indicati anche i mediatori di eventuali controversie.

Il Notiziario, coperto da copyright, è stato realizzato dall’Avvocato Gianluca Amarù specializzato in privacy, il Dpo Marco Fossi consulente aziendale e Alessandra Fava giornalista e Privacy specialist, riuniti nell’acronimo A2F Privacy&Compliance. I tre con Giuseppe Ferrante (responsabile Dpo Services per Grant Thornton) sono autori di La privacy in azienda – Tutti gli errori da evitare per non incappare nelle sanzioni del Garante’ (Liberodiscrivere, 2019). Amarù, Fava e Fossi hanno poi pubblicato Manuale di accoglienza enti e autorità (Liberodiscrivere, 2019) e Howto – Come scrivere i documenti privacy (Liberodiscrivere 2020) e stanno preparando un nuovo volume Privacy in progress (editore Franco Angeli), che sarà pubblicato nel 2021.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *